Feldman: Piano, violin , viola, cello

Quartetto Klimt

"L'eternità, in musica, ha la voce di tre strumenti ad arco e un pianoforte [...] in un cd Stradivarius il Quartetto Klimt, fiorentino, ne offre un'esecuzione poetica e sbigottita." 
Gregorio Moppi, La Repubblica

"L’ultimo lavoro che Morton Feldman (1926-1987) portò a termine nel 1987, fu un quartetto con pianoforte, che, come tutti i pezzi degli anni 80, porta come titolo semplicemente l’organico cui è destinato, dunque Piano, Violin, Viola, Cello. E come le altre opere dello stesso periodo si dilata in un tempo sospeso di durata considerevole (quasi 72 minuti), nella contemplazione (anzi, auscultazione) delle risonanze che nascono dalla ripetizione sottilmente variata di frammenti, di trame sonore, di patterns che in modo imprevedibile si ripetono o alternano in variazioni minime, in successioni non sistematiche, evitando i contrasti e la logica discorsiva e mantenendosi in pianissimo. Richiedono agli interpreti grande concentrazione (e agli ascoltatori disponibilità autentica, per una durata comunque accessibile: vi sono nel catalogo di Feldman opere molto più lunghe), e il Quartetto Klimt (Matteo Fossi, piano, Duccio Ceccanti, violino, Edoardo Rosadini, viola, Alice Gabbiani, violoncello) ne padroneggia i problemi con impeccabile sicurezza." 
Paolo Petazzi, Classic Voice

"[...] Chi entri in sintonia con questo mondo, ne subisce poi un fascino difficile da quantificare. E certo, questo è il caso del Quartetto Klimt." 
Enrico Girardi, Corriere della Sera

"[...] Anche in questo capolavoro, meravigliosamente inciso dal Quartetto Klimt per Stradivarius (2015), Feldman prosegue verso una marcata estremizzazione delle durate, seguendo quindi la prevalente tendenza dele opere scritte nel corso degli anni Ottanta [...]" 
Paolo Tarsi, alfabeta2.it

"[...] Il Quartetto Klimt, in cui si compenetrano a conti fatti i due principali veicoli espressivi feldmaniani, svogle il compito in maniera inappuntabile, trasferendoci quel senso di sostanziale incomunicabilità su cui la musica del compositore newyorchese così di frequente si poggia [...] Per palati adusi." 
Alberto Bazzurro, allaboutjazz.com

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