Le Jeune Debussy

Matteo Fossi - Piano

Dopo le tre uscite dedicate a Brahms, Schumann, e Schubert, tutte accolte con entusiasmo da pubblico e critica, Editiòns Hortus pubblica il nuovo album solistico di Matteo Fossi.

“I tre cicli che rappresentano l’ossatura della registrazione (Suite Bergamasque, Pour le Piano, Estampes), sono pietre miliari della storia del repertorio pianistico, e intorno a loro ho inserito brani di raro ascolto che, spesso, non godono di una grande fortuna critica. Personalmente li considero straordinari: D’un cahier d’esquisses, ad esempio, contiene gran parte del materiale tematico di La Mer, in forma di ‘schizzo’, simile a quello che I grandi pittori preparano concependo un capolavoro. Questo è un pezzo praticamente sconosciuto: per me è un po’ il simbolo di questo disco.”
Matteo Fossi

"...Non so quanti compositori abbiano maturato il proprio stile e il proprio linguaggio così rapidamente come Claude Debussy. Se fosse scomparso prima del 1901 egli sarebbe oggi per noi un fascinoso epigono del tardo romanticismo francese, almeno riguardo la sua produzione pianistica (le grandi cose del primo periodo sono nella lirica vocale e nel repertorio orchestrale), e saremmo tristemente privati dei grandi cicli scritti fra il 1903 e il 1913 (Estampes, Images, Prèludes). Ma se poi fosse scomparso in questa data – a soli cinque anni dalla morte – non avremmo i suoi lavori più moderni, più straordinari, più avveniristici: le Etudes, En blanc et noir, le tre sonate. Questi due dischi che ci giungono nel primo anniversario centenario della morte, che si riferiscono al primo e all’ultimo periodo di produzione del compositore, permettono di approfondire lavori che non fanno tutti parte del normale repertorio concertistico. Il pianista fiorentino Matteo Fossi ha fatto un’ottima scelta, che parte proprio dai brani iniziali. Debussy, tornato a Parigi dall’odiato soggiorno romano che l’ha tenuto lontano per due anni dal suo ambiente culturale, diventa silenzioso e interessato osservatore del fermento letterario e pittorico di questo momento storico. Non e` ancora interessato al pianoforte, che adopera in modo originale solo nelle liriche (Baudelaire e soprattutto Verlaine) che egli musica in un felicissimo decennio. Ovviamente quella morbidezza parnassiana informa qualche brano pianistico, in cui già riconosciamo la sua sensibilità e la sua raffinatezza: Premiere Arabesque, Reverie, Nocturne, Clair de lune. Il nostro interprete, servito magistralmente da un pianoforte, un Fazioli, quanto mai indicato per questo raffinato repertorio, dimostra di aver compreso come rendere con naturalezza e musicalità questi brani, sia quelli piu` legati a uno stile « sentimentale » alla Massenet, sia quelli più originali dal punto di vista eminentemente ritmico (Danse, Masques). Con Pour le piano si manifesta in Debussy un maggior interesse per lo strumento, chiamato nel primo e nel terzo movimento a una concezione toccatistica della tastiera. Tale virtuosismo è reso da Fossi conforse eccessiva – ma certo fascinosa – morbidezza, nella scelta (Prèlude) di un tempo moderato e nell’attenzione costante a una bellezza timbrica. Il tutto – ma lo si puo` affermare per ogni brano del disco – con una perfetta lettura del testo e una pedalizzazione esemplare. Con le tre Estampes, del 1903, si accede a quella parte di produzione debussiana che volgarmente definiamo «impressionistica», termine odiato dallo stesso autore. Debussy ha trovato la sua strada, liberando la sonorità e il linguaggio per ottenere profondità e trasparenze sinfoniche. Qui il simbolismo poetico si realizza nel fascino acustico delle orchestre giavanesi, nelle atmosfere di una Spagna mai vista da vicino ma sognata e resa con impressionante fedeltà, e nello spirito da lui certo sentito e vissuto dei giardini di Francia. E` già un grande Debussy, che giustamente Fossi mette alla fine del disco, e che esegue con convincente comprensione dei tre così disparati motivi ispiratori del piccolo ciclo." Riccardo Risaliti, Musica, aprile 2018

"...Matteo Fossi suona estremamente bene, e ha il grande merito di rendere con soavità queste pagine, di una dimensione capitale, e che troppi interpreti dei nostri tempi tendono a sottovalutare". Crescendo Magazine, marzo 2018

"...Dapprima elusivo, ellittico, sospeso, sebbene terso e sentimentale secondo l'usanza comune agli autori francesi di fine Ottocento. Poi la sua musica accantona l'affettazione galante e si dischiude sempre più a suggestioni pittoriche, letterarie, irretita dal simbolismo e dall'esotico; ed è il momento che la fisionomia si fa novecentesca, rapinosa. Il che avviene in poco più di un decennio, dal 1890 al 1903: dalle pagine sciolte intitolate "Ballade", "Valse romantique", "Mazurka", ancora memori delle forme chopiniane, fino ai trittici maturi di "Pour le piano" e "Estampes". Il primo Debussy è un autore che rende prezioso qualsiasi suono manipoli. La tastiera del pianoforte è un cristallo su cui si rifrangono riflessi pungenti (per esempio nel "Passepied" della "Suite bergamasque") o lattei ("Clair de lune", "Rêverie"). Al giungere del nuovo secolo il cristallo può farsi tagliente, il ritmo indisciplinato, i profili melodici dissolversi nella foschia, come succede ai colori nei quadri di Whistler cui sembra guardare "D'un cahier d'esquisses", pezzo davvero enigmatico. Fossi comprende le trasformazioni della scrittura debussyana e le sa attraversare in lungo e in largo, orientandosi fra le mille sottigliezze con la bussola di un'intelligenza sicura dello stile e del timbro.". Gregorio Moppi, La Repubblica di Firenze, 5 marzo 2018

"...Matteo Fossi joue justement la Suite bergamasque avec la conscience que ce clavier produira un jour Soirée dans Grenade, et dans son Fazioli intense et profond, il y sculpte déjà des estampes, savourant l’harmonie, jouant large, comme il le fera de toutes ces pièces qu’on croit de salon et dont les charmes sont déjà des paysages, mieux, des suggestions d’impressions.Lorsque paraît le manifeste de Pour le piano, il sonne sombre, quasi avec une nuance tragique, dans un voile de nuit qu’on n’y entend jamais, signe que l’Italien voit l’envers de cette proclamation où Debussy affirme sa filiation avec les clavecinistes : de la musique moderne, absolument, qui va ouvrir la porte du nouveau siècle. Il fait ici tout sonner jusqu’au bout de chaque note : écoutez les échos de clairon au centre du Prélude. Masques et Estampes sont en sonorités amples, profondes, moirées, mystères de sons qui déploient autant d’atmosphères que d’abstractions, langage double qui s’entend parfaitement dans le jeu de ce remarquable debussyste : il doit absolument poursuivre son voyage dans ce que je souhaite une intégrale.". Jean-Charles Hoffelé, Artalinna, 15 febbraio 2018

"...L’interprétation de Matteo Fossi atteste d’une compréhension très fine de cette diversité, de ces contradictions et propose un foisonnement sonore plein de richesses et d’une poésie subtile. Un beau CD, même si on est assez loin de visions classiques, ce qui peut déconcerter, mais pourquoi pas?". Danielle Anex-Cabanis, Utmisol, Febbraio 2018

"...Ma soprattutto i melomani scopriranno qui delle pagine troppo spesso neglette e che Matteo Fossi mette in indubbio risalto, interpretandole con infinita delicatezza...". Philippe Gut, Vaucluse hebdo n° 3829, 4 gennaio 2018

"...Premier cycle, la Suite Bergamasque est héritée de la suite baroque et on est ici dans la lignée de Rameau et de Couperin. On admire chez Matteo Fossi la clarté des lignes (« Menuet »), la netteté du jeu (un « Passepied » bien détaché) et une poétique qui ne sollicite aucun discours évanescent mais se veut finement construite (« Clair de lune »). Pour le piano constitue le premier triptyque pianistique de Debussy, où la dette envers le baroque est encore évidente. Le « Prélude » est ici comme une improvisation contrôlée, à travers des gammes liquides ou des accords majestueux. « Sarabande » compose un intermède nanti de cette pointe de nostalgie si debussyste sans que la netteté du propos ne soit obscurcie. Dans « Toccata », l'écriture linéaire est magistralement respectée. L'autre triptyque, Estampes (1903), offre trois croquis imaginaires chez un amoureux de peinture, de celle de Turner en particulier. Dans « Pagodes », qui évoque plus le gamélan indonésien qu'un paysage chinois, le jeu structuré de Fossi fait merveille. De « la Soirée dans Grenade », à propos de laquelle Manuel de Falla parle de « la liberté sans l'authenticité », il créé l'atmosphère hypnotique, envoûtante, d'une Andalousie rêvée, là encore par une manière bien tracée qui n'use pas trop de pédale. L'immédiateté du son achève de sortir ce morceau du halo vaporeux dont il est souvent affublé. « Jardins sous la pluie » fantasme quelque Orient imaginé, l'entremêlant de la comptine « Nous n'irons plus au bois ». Là aussi la manière de Matteo Fossi procède du contour dessiné plus que de l'impression. L'originalité du CD réside dans un florilège de pièces isolées. Où l'on perçoit « déjà le mystère ombré de mélancolie des chefs d'œuvre à venir », note le pianiste. Que ce soit dans les morceaux composés dans les années 1890/1891 (les belles tournures mélodiques de Rêverie, Danse annonçant les Préludes, Ballade, vaste morceau se signalant déjà par sa fluidité et sa veine mystérieuse, Valse romantique et Mazurka qui renouvellent les modèles chopiniens en retravaillant les rythmes) ou ceux datant des années 1903 et 1904 : D'un cahier d'esquisses, contemporain de la composition de La Mer, parait bien être celles de cette fresque orchestrale – Fossi en fait une rêverie éveillée - ; Masques se signale par ses motifs obsessionnels tourbillonnants traduisant quelque orage, que l'épisode central apaise à peine. Matteo Fossi joue ces pièces délectables avec une tendresse toute particulière. L'instrument est saisi de près, favorisant quelque peu le grave. Une approche confidente, loin du galbe plus résonnant de l'estrade de concert.". Jean Pierre Robert, OnMag, 16 gennaio 2018

 "Le talentueux pianiste italien Matteo Fossi a choisi pour le présent enregistrement d’insérer à côté d’œuvres majeures que sont la Suite Bergamasque, Pour le Piano et Estampes, des pièces plus méconnues du répertoire de Claude Debussy que le pianiste a toujours aimées. Aussi après avoir goûté au raffinement de son interprétation de la fameuse Suite Bergamasque ainsi nommée d’après la merveilleuse ville proche de Milan, le mélomane s’attardera-t-il sur D’un cahier d’esquisses, pièce rarement donnée et qui ouvre les portes d’un paysage sonore proche de celui de La Mer, un univers vierge de tout chaos, tout en retenue, et dont l’expressivité saisit immédiatement l’auditeur baigné par cette basse flottante. Nul artifice dans l’interprétation de cette pièce où l’intériorité de l’interprète s’harmonise à l’imaginaire du compositeur. C’est encore l’univers du songe que Rêverie développe avec délicatesse, une œuvre que l’on qualifierait de galante si nous n’étions à la fin du XIXe siècle et que son auteur n’appréciait guère car écrite dans sa jeunesse… mais qu’il maintint cependant aux côtés de ses œuvres fameuses ! Danse, Ballade, Valse Romantique, Mazurka sont autant de compositions alertes faisant appel à la danse à la même époque, ces années fastes 1890-91, et qui virent également la naissance de la Suite Bergamasque. Le monde des images occupe l’esprit de Claude Debussy, lui qui affirmait : « J’aime presque autant les images que la musique ». Comment percevoir autrement ces Pagodes d’Estampes datant de 1903, un paysage sonore presque indissociable de cet extrême orient, même si la musique javanaise semble avoir eu plus d’influence pour la composition de ces pièces que l’admiration des estampes venues du Japon lors de l’Exposition Universelle… Masques composé en 1904 trahit la passion amoureuse qui a gagné le musicien, une relation avec Emma - sa future femme - découverte par Lilly, l’épouse de Debussy, qui tentera de se suicider mettant fin ainsi à l’union du couple et à… ce jeu de masques." Lex News, Marzo 2018

"...En cette année 2018 célébrant le centenaire de la mort de Claude Debussy, Matteo Fossi, avec beaucoup d’esprit d’à propos et un brio indiscutable, choisit de s’intéresser aux compositions pour piano solo, parfois peu connues, du jeune Debussy. Ce dernier opus discographique du pianiste italien nous donne à entendre des œuvres composées entre 1890 et 1903 qui portent en germe toutes les caractéristiques des compositions pianistiques de la maturité. Si le discours manque encore de la liberté souveraine et de la capricieuse imprévisibilité des œuvres plus tardives, ces compositions laissent entrevoir en filigrane le mystère épuré et ombré de mélancolie des œuvres à venir,  comme les Études ou les Préludes. La période se situant entre 1890 et 1903 voit le compositeur s’éloigner des compositions vocales qui l’ont occupé jusqu’alors pour retourner aux compositions pour piano solo présentées dans cet enregistrement. Ce renouveau pianistique observé chez le Debussy trentenaire s’appuie déjà sur des piliers qui perdureront dans son œuvre, comme l’émulation des formes classiques, la suggestion de la nature, le magnétisme de la danse, l’humour, la ciselure de l’écriture et la fascination pour les images. La Suite Bergamasque, avec son Prélude charpenté, son Menuetet son Passepied riches en staccato et en ornementation, trahit une inspiration redevable à la Suite baroque, tandis que Clair de Lune, par sa fluidité et sa poésie, rappelle le goût du compositeur pour les ambiances, les évocations, ainsi que ses liens d’amitié avec Verlaine. La Rêverie délicate et hésitante est contemporaine de l’envoûtante Danse, comme la séduisante et langoureuse Ballade, ou l’humoristique et quelque peu bringuebalante Valse romantique, tandis que la Mazurka, par son titre, rappelle Chopin, auquel Debussy vouait une admiration sans bornes. Pour le Piano renoue, mais de très loin, et dans sa forme uniquement, avec l’inspiration baroquisante, mais souligne surtout l’inclination certaine de Debussy pour le triptyque, qu’il soit instrumental ou orchestral. Les trois œuvres suivantes, les plus tardives (1903 et 1904) regardent vers l’avenir, contemporaines de la rencontre avec Emma. Masques, tourmentée, porte les stigmates des difficultés rencontrées par Debussy dans sa vie sentimentale. Par sa rugosité, son urgence et sa ligne abrupte, mêlant violence et douceur, elle évoque l’expression tragique de l’existence faisant suite à la tentative de suicide de Lilly. D’un cahier d’esquisses, par son écriture symphonique, son balancement, rappelle le premier mouvement de la La Mer dont la composition est contemporaine, alors qu’Estampes (Pagodes, la Soirée dans Grenade, Jardin sous la pluie) est dédiée à Emma, laissant libre cours aux images imaginaires de contrées lointaines rêvées. Pianiste et chambriste, fort d’une discographie déjà copieuse comportant plus d’une vingtaine d’enregistrements, Matteo Fossi nous livre avec ce quatrième opus pour piano solo (après Brahms, Schumann et Schubert) un disque original par son programme, parfaitement interprété, où le pianiste s’attache à la clarté de la ligne, à la netteté du jeu, tout en préservant la poésie et la structure qui ne sombrent jamais dans une lecture évanescente de mauvais goût. Le piano Fazioli, par sa sonorité, volontiers confidente, participe également à la réussite de ce CD.". Patrice Imbaud, Res Musica, 29 marzo 2018

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